Vivere Scanno

5 ago 2024

Ricordando Henri…….

 … Cartier-Bresson,l’occhio dell’Abruzzo interno


   L’Aquila Blog

Sono passati venti anni dalla morte di Henri-Cartier Bresson, avvenuta il 3 agosto 2004. Grazie alla sua macchina fotografica, Scanno è diventato uno dei borghi più fotogenici d'Italia 

di Fausto D'Addario

RIPORTIAMO DI SEGUITO UN ARTICOLO STUPENDO PUBBLICATO SUL BLOG DELL’AQUILA IN OCCASIONE  DEI VENTI ANNI DALLA MORTE DI HENRI CARTIER BRESSON UNO DEI  GRANDI DELLA FOTOGRAFIA  CHE HA IMMORTALATO IL NOSTRO COSTUME MULIEBRE.


L’AQUILA – Il Novecento è stato il secolo dell’immagine ed Henri Cartier-Bresson, nato nel 1908 e scomparso nel 2004, è stato certamente l’occhio di un secolo. Decifrare la sua vita e la poetica del suo lavoro è prima di tutto scrivere la storia di uno sguardo. Instancabile e lucido camminatore, formatosi nel movimentato e ribelle milieu dei pittori surrealisti, ha percorso un intero secolo, obiettivo alla mano, catturando – tra gli altri – il fascino dell’Africa degli anni Venti, il tragico destino dei repubblicani spagnoli, la Liberazione di Parigi, quel Gandhi stanco a poche

ore dal suo assassinio, la Russia dopo la morte di Stalin e la vittoria del comunismo in Cina. Come arrivò alla fotografia è ormai un racconto leggendario: se già a 13-14 anni si divertiva a scattare foto ad amici e parenti armato di una piccola Kodak, all’età di 24 anni, mentre si stava riprendendo dalla malaria contratta in Costa D’Avorio, comprò una piccola Leica al mercato. Era leggera, silenziosa, facile da maneggiare e possedeva lenti eccellenti. Alla domanda su quanto tempo ci avesse messo a padroneggiarne la tecnica, il vecchio Henri rispondeva: “Tre giorni“. Gli bastava una lente: niente treppiedi, ombrelli, riflettori, nulla di questo faceva al suo caso. E poi non ha mai amato i colori in fotografia: il colore aveva un che di chimico e stridente, mentre la naturalezza del bianco e nero era capace di catturare l’istante trascendente, di fermare l’attimo senza tempo, di sospendere le immagini in movimento.

 La composizione dell’immagine era tutto per lui, come scrisse nel Manifesto 1952: “La fotografia implica il riconoscimento di un ritmo nel mondo reale; la composizione deve essere nostra costante preoccupazione“. Ma le composizioni di Bresson non erano nulla di intellettuale o di studiato a tavolino. Erano un’intuizione fulminante. “Non c’è nulla in questo mondo che non abbia un momento decisivo“. The decisive moment, questo il segreto


– poi usato e abusato – della sua arte. In un momento preciso, le cose si manifestano da sole in un ordine e in un equilibrio, tali da rivelare la loro essenza. Tutto in una frazione di secondo. “Per me la fotografia significa allineare testa, cuore e occhio lungo la stessa visuale“. Henri Cartier-Bresson è stato anche assistente per tre grandi film di Jean Renoir, fondatore della Magnum, tra le più prestigiose agenzie fotografiche esistenti. Fu lui a fissare i ritratti dei suoi contemporanei colti nel momento decisivo, come Giacometti, Sartre, Faulkner o Camus, immortalandoli per l’eternità. Per non parlare dei reportage in Messico, Stati Uniti, India e Giappone. Negli anni ’70 cessò la sua carriera da fotogiornalista e trascorse gli ultimi decenni della sua vita disegnando e lavorando ai suoi libri. La fama continuava a crescere a livello internazionale, tanto che per identificarlo bastavano semplicemente le sue iniziali: HCB. Nel 2000 decise di creare con la moglie Martine Franck e la figlia Mélanie la Fondazione Henri Cartier-Bresson, destinata in particolare a riunire i suoi lavori e aprire uno spazio espositivo ad artisti emergenti. Il 3 agosto 2004 si spegneva a Montjustin, nella quiete di un piccolo borgo della Provenza.

Scanno secondo Bresson

Henri Cartier-Bresson è riuscito a cogliere nei suoi scatti di Scanno l’aspetto tipico e l’interpretazione poetica di una regione, come l’Abruzzo, ricca di bellezze naturali e di arte, abitata da gente forte, che ha sempre avuto quali cardini della propria vita il rispetto per le tradizioni, gli usi e i costumi locali. Scanno, “paese stranissimo, suasore di reveries senza fine“, come lo definiva D’Annunzio, oggi è uno dei centri turistici più visitati d’Abruzzo. Posto a oltre mille metri, il borgo è noto in Italia e all’estero per il fascino pittoresco di questo insieme di stradine, vicoli, scalinate e tetti e soprattutto i tipici costumi femminili, immortalati, tra gli altri, propri da Henri Cartier, che visitò Scanno tra il 1951 e il 1953. La lente del fotografo francese ha saputo cogliere istanti di vita paesana, quasi scene teatrali nella loro spontanea e perfetta simmetria. E hanno fatto scuola: sono stati esposti e ammirati in numerose mostre internazionali, rendendo famosi in tutto il mondo il sapore del suo integro tessuto urbano medievale e i volti delle donne abruzzesi, formose sotto gli abiti neri e le camicie rigonfie, protette dal cappellitto sul capo, le trecce raccolte sotto la rezzola – una reticella non di rado ornata di monete d’oro – dall’incarnato chiaro, dall’espressione serena e vivace e dallo sguardo dolce di una bontà infinita. Forse nessun borgo abruzzese ha ricevuto tanta attenzione quanto Scanno: dagli artisti, ai fotografi, dai viaggiatori di ogni epoca, ai turisti di oggi. Un set fotografico naturale, che nell’immaginario collettivo è ormai il luogo-simbolo dell’abruzzesità. Ma Cartier-Bresson non fu il primo e nemmeno l’ultimo. Fotografi celebri come Mario Giacomelli, Ferdinando Scianna, Renzo Tortelli e Gianni Berengo Gardin, fino a Mimmo Jodice e Chris Warde-Jones, hanno immortalato in bianco e nero la fisionomia inconfondibile del paese e dei suoi abitanti. E ancora prima, negli anni ’30, una fotografa tedesca, Hilde Lotz-Bauergirava per le stradine del paese brandendo la sua piccola Leica. E come non ricordare Escher, il geniale disegnatore olandese, che visitò Scanno, Castrovalva e dintorni alla ricerca del fantastico e del fiabesco nella realtà selvaggia dell’Abruzzo interno. E volendo andare a ritroso nel tempo, lo stesso aveva fatto quel manipolo di pittori scandinavi, giunti in Abruzzo alla fine dell’800, raccolti a Civita d’Antino, attratti da una natura incontaminata e da un popolo non ancora corrotto dalla modernità: belli e forti, abbronzati e robusti, ma ospitali e gentili, veri eredi dell’antica stirpe dei popoli italici.

Cosa rimane oggi del borgo più fotogenico al mondo? Scanno non è cambiata molto dagli scatti di sessanta o settanta anni fa e i pochi abitanti mantengono le tradizioni e lo stile di vita che tanto attrassero quegli artisti. Ma il vecchio Abruzzo se ne va. Oggi solamente qui e in qualche altro comune montano il visitatore si meraviglia di vedere, di tanto in tanto, le donne, anziane e giovani, indossare l’elegante abito tradizionale, limitatamente ai giorni di festa e in occasioni formali. A memoria del loro operato, a Scanno è stata dedicata la “Via dei Fotografi“. Percorsa fino in fondo, conduce a una meravigliosa vista del profilo delle case, con le montagne a fare da quinta scenica. Vista ancora più suggestiva in inverno, con le vette spruzzate di neve e i camini fumiganti. Un popolo ricco di tradizioni, di storia, di coraggio. Un popolo che vive in silenzio. Questo era l’Abruzzo immortalato da Bresson.